Ulivi infetti da Xylella, la ricerca: se curati non muoiono

Un composto di zinco e rame riduce i sintomi e la carica batterica.

Bruxelles – Sono stati finalmente pubblicati, dopo una regolare “peer review” che ne certifica la rispondenza ai criteri di scientificità e riproducibilità, i risultati di un’attesa ricerca diretta dal batteriologo Marco Scortichini sulla Xylella fastidiosa, il batterio che ha colpito gli ulivi del Salento, e che l’Ue vorrebbe “eradicare” con una strategia della terra bruciata (quarantena) rivelatasi finora inefficace.

La ricerca, pubblicata dalla rivista scientifica internazionale “Phytopathologia Mediterranea”, è stata condotta per tre anni in Salento, e ha provato che l’applicazione sistematica di un composto contente rame e zinco – compatibile con l’agricoltura biologica – alle fronde di ulivi infetti da Xylella della subspecie Pauca, ha ridotto la gravità dei sintomi (il disseccamento). Si tratta di una miscela di rame e zinco complessata ad acido citrico sotto forma di idracido (Dentamet), che è stata applicata a ulivi delle varietà Cellina di Nardò e Ogliarola. La riduzione dei sintomi è avvenuta in entrambi i casi.

Inoltre, mentre gli alberi non trattati del gruppo di controllo erano morti alla fine dei tre anni, tutti gli alberi trattati sono sopravvissuti in buono stato vegetativo.

Infine, ma non meno importante, c’è il risultato delle analisi del Dna condotte dal giugno 2016 a settembre 2017 con il metodo PCR, secondo le procedure ufficiali stabilite dall’Eppo (European and Mediterranean Plant Protection Organization), che hanno dimostrato come la cura abbia prodotto una riduzione statisticamente rilevante della carica batterica (la densità di cellule di Xylella) nelle foglie degli alberi trattati.”Questi risultati promettenti suggeriscono che una gestione integrata mirante alla riduzione della gravità della Xylella fastidiosa, che includa una regolare mondatura degli alberi ed erpicatura (frantumazione e spianamento, ndr) dei suoli, con trattamenti mediante vaporizzazione di Dentamet in primavera e autunno, è probabilmente efficace a controllare efficacemente la malattia”, concludono gli autori della ricerca.

La ricerca di Scortichini e dei suoi collaboratori contraddice i due pilastri della strategia imposta dall’Ue per il contenimento della Xylella in Puglia e nelle altre regioni europee (in Spagna e in Francia) in cui è apparso il batterio. Innanzitutto, si dimostra infondato il postulato secondo cui un albero infetto è incurabile e destinato a morte certa, e dunque va senz’altro espiantato prima possibile (perché comunque non sopravviverà) per rimuoverne la carica batterica. In secondo luogo, viene rimessa in questione la pratica della “eradicazione” della Xylella, in caso di apparizione di nuovi focolai nelle zone indenni, attraverso la desertificazione delle aree circostanti gli alberi infetti in un raggio di 100 metri. In queste aree, infatti, più efficace dell’eradicazione – che finora non ha fermato l’avanzata dell’infezione dal Salento al Nord Ovest della Puglia – potrebbe risultare il trattamento di tutte le piante con il composto di rame, zinco e acido citrico che riduce la carica batterica.

Marco Scortichini, uno dei massimi esperti europei di Xylella, lavora al Crea (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura) di Caserta, un istituto pubblico che opera sotto la vigilanza del Ministero per le Politiche agricole. Ha redatto il protocollo ufficiale di diagnosi della Xylella fastidiosa per l’Eppo.

Fonte: @eunewsit